giovedì 18 marzo 2010

Lezione giovedì 18 marzo. 10.30-12.30 (Aula A) “L'apparire della cosa”

«Riprendere l’analisi del cubo»: così, nel settembre del 1959, Maurice Merleau-Ponty inizia una nota di lavoro del suo ultimo libro, Il visibile e l’invisibile. Il termine «riprendere» indica che Merleau-Ponty si era già occupato di tale esempio, sistematicamente, ne La struttura del comportamento del 1942 e in Fenomenologia della percezione del 1945, le sue due opere maggiori. L’annotazione potrebbe essere intesa come motivo di insoddisfazione rispetto alle analisi precedenti, oppure, come una riflessione non ancora conclusa. Tuttavia, il termine «riprendere» potrebbe avere un senso ancor più ampio perché, sull’esempio del cubo, si sono esercitati i maggiori fenomenologi del tempo, da Franz Brentano a Edmund Husserl, da Martin Heidegger a Jean-Paul Sartre. «Riprendere» implicherebbe così l’intenzione, da parte di Merleau-Ponty, di indicare una nuova prospettiva teorica in grado di ripensare la fenomenologia in quanto tale. «Percepire un cubo significa possederlo, guardandolo per coglierlo in maniera originaria, come una cosa stessa», scrive Heidegger, alla fine degli anni venti del secolo scorso, discutendo con Husserl la stesura della voce «fenomenologia» per l’Enciclopedia Britannica.

L’esempio del cubo viene menzionato da Husserl nella quarta e ultima stesura del suo articolo per l’enciclopedia, ma egli lo discute altrove nelle sue opere, e in modo analitico nelle Meditazioni cartesiane. Viste tali premesse, è necessario domandarsi: qual è la posta in gioco teoretica in un caso così apparentemente comune?

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