domenica 21 marzo 2010
IX. LEZIONE / Massimo Donà / Mercoledì 31 marzo
Massimo Donà
(Università Vita-Salute, San Raffaele),
“Il tempo della verità”
"Rileva Carl Schmitt, fin nelle prime pagine del suo capolavoro (Il nomos della terra), che «per millenni l’umanità ha avuto un'immagine mitica della terra nella sua totalità, ma nessuna esperienza scientifica di essa». D’altro canto, non avrebbe avuto senso un diritto internazionale delle genti, là dove il pianeta non poteva esser in alcun modo compreso in termini di misurazione e localizzazione comuni. "
VIII. LEZIONE giovedì 25 marzo 10.30-12.30 (Aula A)
"Stiamo attraversando un periodo di grande vitalità della architetturaintesa come un aspetto della pubblicità, necessaria ai poteri dominanti, per mantenere la propria visibilità. Le grandi operepubbliche hanno assunto il carattere di strumenti propagandistici di un “ mondo nuovo” in cui reale e virtuale si mescolano e si confondono, ma questo rinnovamento non tocca i rapporti sociali e della vita quotidiana esalta solo gli aspetti del divertimento e della fuga dalla realtà. Per spiegare il carattere di questi edifici che si impongono per la lorodiversità rispetto a tuttociò che esiste già , i critici hanno inventato la parola “ autoreferenziale” che significa chel'edificio in questione fa riferimento solo a se stessoalla sua struttura linguistica , al “ gioco” delle sue formeche non cercano quelle parentele con altri edifici, chefavoriscono la comprensione da parte del pubblicosollecitandone la memoria, ma si crogiolano nella loro unicitàe spesso nella loro assoluta arbitrarietà. Nell'ultimaedizione della Biennale di Architettura abbiamo visto unainterminabile sfilata di plastici con forme contorte e
sfuggenti , alla ricerca di una architettura “ liquida” che ècome dire una non- architettura, visto che l'architetturanon può svolgere il suo compito senza una solidità e una durata. L'uso del computer nella progettazione ha reso facilissimauna operazione quasi impossibile con i mezzi tradizionali della progettazione : la deformazione anamorfica di un oggettoprecostituito. Davanti al monitor si può partire da uncilindro o da un cubo , ma anche da superfici complesse, e
deformare la immagine geometrica iniziale plasmandola comefosse di cera o di gomma. Il gioco può essere divertente ecreativo ma scambiarne i risultati con l'architettura è unapatetica ingenuità che si porta dietro frustrazioni e delusioni inevitabili. Tornando alla globalizzazione credo chel'architettura debba difendere il diritto alla identità ecelebrare le differenze piuttosto che la omologazione e l'appiattimento. In questo senso l'Italia , con la suaforte identità potrà avere un ruolo
importantissimo. E devo direche verso gli architetti italiani c'è in molti paesi del mondo molta attenzione e ammirazione. Io ho avuto modo di rendermene conto in Cina dove sto progettando una torre alta 400metri a Shanghai e dove hanno esplicitamente richiesto qualcosadi italiano una architettura che esprima una identità diversa."
Paolo Portoghesi
http://www.larchitetto.archiworld.it/stampa06/stampa/cdv200406.pdf
VII. LEZIONE
14.30-16.30 (Aula A)
MARIO GREGORI
(Economista, Università di Udine)
“Economia e
vita nella società di mercato”
Mario Gregori è docente di materie economiche all’università di udine. si è occupato di analisi dell’innovazione,
L’economia dell’eco-segmentazione (1996) e del consumatore, Nostro pane quotidiano (2006).
giovedì 18 marzo 2010
S. Holl / KIASMA
Il Corpo, la Luce Naturale e il Mondo» era uno dei titoli delle sue note di lavoro… Volevo in questo museo una serie di spazi,
ognuno dei quali avrebbe avuto un qualche lembo di luce naturale. Ci sono 25 gallerie, ciascuna delle quali ha un tipo differente di luce naturale. Quale strumento migliore per darne la misura se non il corpo stesso nel suo movimento attraverso la sequenza di spazi delle 25 gallerie. L’edifi cio stesso del museo è costituito da due geometrie intrecciate – una metà leggermente ricurva e l’altra rettilinea che la interseca. La rampa e il vano dell’entrata principale sono lo spazio intermedio tra queste due geometrie concatenate. Mentre il visitatore attraversa la sequenza di gallerie, il percorso torna ad intrecciarsi sul vuoto di questo spazio principale d’entrata. Tale intreccio dentro il grande spazio dà al visitatore un senso costante di riorientamento all’interno del tutto. Come il «rilevamento doppio e incrociato del visibile nel tangibile» (p. 151), man mano che si procede attraverso il grande spazio, una visione spaziale distanziata rimpiazza la visione artistica ravvicinata per poi rovesciare tutto di nuovo. Nel percorso intrecciato e pendente, si manifesta l’idea del visitatore visto all’improvviso da un altro visitatore (me stesso visto da fuori).
S. HOLL
Lezione giovedì 18 marzo. 10.30-12.30 (Aula A) “L'apparire della cosa”
«Riprendere l’analisi del cubo»: così, nel settembre del 1959, Maurice Merleau-Ponty inizia una nota di lavoro del suo ultimo libro, Il visibile e l’invisibile. Il termine «riprendere» indica che Merleau-Ponty si era già occupato di tale esempio, sistematicamente, ne La struttura del comportamento del 1942 e in Fenomenologia della percezione del 1945, le sue due opere maggiori. L’annotazione potrebbe essere intesa come motivo di insoddisfazione rispetto alle analisi precedenti, oppure, come una riflessione non ancora conclusa. Tuttavia, il termine «riprendere» potrebbe avere un senso ancor più ampio perché, sull’esempio del cubo, si sono esercitati i maggiori fenomenologi del tempo, da Franz Brentano a Edmund Husserl, da Martin Heidegger a Jean-Paul Sartre. «Riprendere» implicherebbe così l’intenzione, da parte di Merleau-Ponty, di indicare una nuova prospettiva teorica in grado di ripensare la fenomenologia in quanto tale. «Percepire un cubo significa possederlo, guardandolo per coglierlo in maniera originaria, come una cosa stessa», scrive Heidegger, alla fine degli anni venti del secolo scorso, discutendo con Husserl la stesura della voce «fenomenologia» per l’Enciclopedia Britannica.
L’esempio del cubo viene menzionato da Husserl nella quarta e ultima stesura del suo articolo per l’enciclopedia, ma egli lo discute altrove nelle sue opere, e in modo analitico nelle Meditazioni cartesiane. Viste tali premesse, è necessario domandarsi: qual è la posta in gioco teoretica in un caso così apparentemente comune?
sabato 13 marzo 2010
V. LEZIONE mercoledì 17 marzo. 14.30-16.30 (Aula A) RENATO CALLIGARO (Artista), “Tempo fermo”
V. LEZIONE mercoledì 17 marzo. 14.30-16.30 (Aula A)
RENATO CALLIGARO (Artista), “Tempo fermo”
“L’opera d’arte è tempo fermo”.
Il riconoscimento, l’esperienza della artisticità è l’esperienza esistenziale del tempo che si ferma in un "tempo fermo"
Un significato, che è tempo, è ora anche una forma, che essendo unica, immutabile, perché perfetta così, è spazio/”eternità”. Il tempo è insieme spazio/”eternità”. Ma ciò non è concepibile nel pensiero razionale, per il principio di non contraddizione. Non è possibile nel pensiero razionale che una cosa sia anche il suo contrario, che il tempo mutevole sia insieme il suo contrario, spazio immutabile e “eternità”. Ma ciò è invece possibile nel pensiero simbolico, nella sintesi del simbolo sintetico, che è l’opera d’arte.
Il simbolo sintetico è quella entità che concilia nel pensiero simbolico le contraddizioni che il pensiero razionale non riesce a capire. Il simbolo sintetico (opera d’arte) concilia la contraddizione principe, costitutiva dell’uomo: la contraddizione di vita e morte, desiderio del vivere e consapevolezza del morire, la contraddizione fra il tempo che passa e va, e il desiderio di eternità. Fra il divenire del significato, e l’“eternità” della forma. Dunque fra l’oggetto e la sua forma.
E ciò è l’evento che accade nell’opera d’arte: ora l’oggetto (significato/tempo) è la formadell’oggetto (mentre s’era detto dell’oggetto qualsiasi e dell’oggetto estetico, che “l’oggetto non è la forma dell’oggetto"
IV LEZIONE giovedì 11 marzo. 10.30-12.30 (Aula A) “Arte e tecnica: il tempo dell’opera”
“E comunemente non si dice anche che l’operaio che fabbrica l’una e l’altra suppellettile guarda l’idea ed è così che l’uno costruisce i letti, l’altro le tavole che noi adoperiamo ed allo stesso modo tutti gli altri oggetti? Perché certo quella che è l’idea stessa nessuno degli operai la costruisce […] ” (Platone)
domenica 7 marzo 2010
III LEZIONE: SALVATORE LAVECCHIA "PLATONE / IL BELLO" : mercoledì 10 marzo 14.30
Fedro 245c-257b (immagine della biga alata e funzione della Bellezza); 250c-d "evidenza" della Bellezza nel mondo sensibile
Repubblica III 401b-d (necessità di "abitare" un ambiente compenetrato di Bellezza); VI 500b-501c (il filosofo come "demiurgo" della comunità che vive secondo giustizia); 504c-509c (analogia fra il sole e il Bene).
Filebo 28d-30e (l'intelligenza, il nous come generatore di ogni cosa); 64c-64a (le tre "idee" che sono immediata manifestazione del Bene)
Timeo 29d-34b criteri che guidano l'attività del Demiurgo (intelligenza suprema).
II Lezione: Zurück zu den Sachen selbst! / Giovedì 4 marzo
Zurück zu den Sachen selbst! / E. Husserl / Fenomenologia
"In ciò che segue, noi cerchiamo di pensare intorno all’abitare e al costruire. Questo pensare intorno al costruire non ha la presunzione di reperire idee per l’edificare o di fornire addirittura regole al costruire. Questo tentativo di pensiero non presenta affatto il costruire sulla base dell’architettura e della tecnica, riprende piuttosto il costruire orientandosi verso quel campo originario al quale appartiene ogni cosa che è" (M. Heidegger). COMMENTO
«La scienza manipola le cose e rinuncia ad abitarle» (M. Merleau-Ponty). COMMENTO
P. Zumthor coglie dal saggio di Heidegger la suggestione “che egli intenda dire che non ci troviamo mai in un ambito astratto, bensì sempre in un mondo di cose, anche quando pensiamo (…) Il concetto dell’abitare inteso nell’accezione heideggeriana, come vivere e pensare in luoghi e all’interno di spazi, racchiude un preciso riferimento a ciò che “realtà” significa per me in quanto architetto” / COMMENTO
S. HOLL Kiasma / COMMENTO
mercoledì 3 marzo 2010
SALVATORE LAVECCHIA "PLATONE / IL BELLO" : mercoledì 10 marzo 14.30
Salvatore Lavecchia (1971) è Professore Associato di Storia della Filosofia Antica presso l'Università degli Studi di Udine. Ha pubblicato studi sulla lirica greca di età arcaica e classica (Pindari Dithyramborum Fragmenta, Roma 2000), sulla storia della religione greca, su Platone: Una via che conduce al divino. La «homoiosis theo» nella filosofia di Platone, Oltre l’uno ed i molti (Mimesis 2010).